1. Servizio di ambulanza (Cass. 18.9.2008, n.
23851)
Il caso: Un
soggetto,affetto da tetraplegia, veniva accompagnato regolarmente con una
autoambulanza dalla Associazione Croce Bianca da Merano a Innsbruck per
eseguire controlli medici e terapie. Il 12 ottobre 1995, a causa di una brusca
frenata effettuata dal conducente e a causa della mancata utilizzazione dei
presidi esistenti all'interno dell'ambulanza per l'attenuazione del rischio da
infortuni a carico dei pazienti trasportati, subiva gravi danni alla persona
Il principio
affermato:
Poiché il personale addetto al trasporto in ambulanza esercita un servizio non
di mero trasporto, ma di assistenza sanitaria, ed ha quindi l'obbligo di
provvedere a che il trasporto si compia preservando le condizioni di salute del
trasportato, esso è responsabile della messa in circolazione del veicolo in condizioni di sicurezza.
Conseguentemente, il responsabile dell'autoambulanza è obbligato ad imporre
l'adozione delle misure di sicurezza al trasportato, il quale è pur sempre
tenuto ad un dovere di cooperazione con il personale sanitario, in mancanza del
quale è ipotizzabile il suo concorso di colpa.
2.
Assistenza nella casa di cura (Trib. Roma 2.6.2005)
Il caso: una donna,
ricoverata in una casa di cura per partorire, il giorno successivo, a parto
avvenuto, veniva accompagnata dal personale infermieristico ai servizi igienici
del reparto, dove, rimasta sola, perdeva improvvisamente i sensi e cadeva,
riportando una frattura scomposta del setto nasale.
Il principio affermato: Una paziente reduce dal parto
necessita di assistenza continua, essendo notorio e prevedibile che
l'indebolimento fisiologico provocato dal parto possa causare astenia e
mancamenti.
Non esime da responsabilità la circostanza
che la paziente avesse dichiarato alle infermiere di "sentirsi bene"
e di potere camminare da sola. Una elementare regola di cautela, impone infatti
al personale infermieristico di non acquietarsi alle dichiarazioni del
paziente, ma di verificare effettivamente se sussistano o meno indici
rivelatori della completa autosufficienza del malato o del ricoverato. Indici
che nella specie, per quanto detto, non esistevano o comunque non erano
tranquillizzanti.
3. Errato posizionamento del catetere (Cass.
10.9.2010, n. 19277)
Il caso: lesioni subite da un
degente a causa della fuoriuscita dal sistema della vena basilica di destra di
liquidi di infusione venosa, somministratigli per fronteggiare una sindrome
cardiocircolatoria acuta.
4. Casi di mancata rimozione di dispositivi
medici dal corpo del soggetto operato
(Corte App. Roma 8.3.2011, n. 981)
Nel caso di mancata rimozione dalle sedi
dell'operazione chirurgica di pinze, ferri, garze, il controllo della rimozione
spetta all'intera equipe operatoria, cioè ai medici, che hanno la
responsabilità del buon esito dell'operazione anche con riferimento a tutti gli
adempimenti connessi, e non può essere delegata al solo personale paramedico, avendo gli infermieri funzione di assistenza,
ma non di verifica.
5. Maldestro intervento infermieristico (Cass. 20.11.1998, n. 11741)
Il caso: paralisi parziale di un soggetto
operato di ernia del disco a seguito del sollevamento improvvido di una
infermiera.
Il principio enunciato: La responsabilità di
una struttura ospedaliera comprende le condotte negligente ed imperite sia dei
sanitari sia dei parasanitari, del cui operato l’azienda è tenuta a rispondere.
Nel dovere di un trattamento adeguato alla rilevanza medica del caso rientra
comunque anche il dovere di vigilanza e di esclusione di terzi inidonei a
trattare il degente.
6. Sottrazione di neonato dal “nido” (Cass.
4.8.1987, n. 6707 )
Il caso: Una
donna partoriva un bambino nell'Ospedale di Ventimiglia. Due giorni dopo,
durante l’orario di visita, il neonato era sottratto da ignoti dal
"nido" dell'ospedale e non se ne rinveniva più traccia nonostante le
ricerche svolte dalla polizia.
Il principio enunciato: La
protezione del neonato costituisce obbligazione primaria dell’ospedale e è del
tutto irrilevante che non vi fosse una regolamentazione interna di
quell'attività dovuta. La omissione di custodia del reparto nel quale si
trovava il neonato creò le condizioni ideali perché il rapimento potesse essere
consumato.
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