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lunedì 9 giugno 2014

Casi di responsabilità Infermieristica

1. Servizio di ambulanza (Cass. 18.9.2008, n. 23851)
Il caso: Un soggetto,affetto da tetraplegia, veniva accompagnato regolarmente con una autoambulanza dalla Associazione Croce Bianca da Merano a Innsbruck per eseguire controlli medici e terapie. Il 12 ottobre 1995, a causa di una brusca frenata effettuata dal conducente e a causa della mancata utilizzazione dei presidi esistenti all'interno dell'ambulanza per l'attenuazione del rischio da infortuni a carico dei pazienti trasportati, subiva gravi danni alla persona


Il principio affermato: Poiché il personale addetto al trasporto in ambulanza esercita un servizio non di mero trasporto, ma di assistenza sanitaria, ed ha quindi l'obbligo di provvedere a che il trasporto si compia preservando le condizioni di salute del trasportato, esso è responsabile della messa in circolazione del veicolo in condizioni di sicurezza. Conseguentemente, il responsabile dell'autoambulanza è obbligato ad imporre l'adozione delle misure di sicurezza al trasportato, il quale è pur sempre tenuto ad un dovere di cooperazione con il personale sanitario, in mancanza del quale è ipotizzabile il suo concorso di colpa. 

2. Assistenza nella casa di cura (Trib. Roma 2.6.2005)
Il caso: una donna, ricoverata in una casa di cura per partorire, il giorno successivo, a parto avvenuto, veniva accompagnata dal personale infermieristico ai servizi igienici del reparto, dove, rimasta sola, perdeva improvvisamente i sensi e cadeva, riportando una frattura scomposta del setto nasale.
Il principio affermato: Una paziente reduce dal parto necessita di assistenza continua, essendo notorio e prevedibile che l'indebolimento fisiologico provocato dal parto possa causare astenia e mancamenti.
Non esime da responsabilità la circostanza che la paziente avesse dichiarato alle infermiere di "sentirsi bene" e di potere camminare da sola. Una elementare regola di cautela, impone infatti al personale infermieristico di non acquietarsi alle dichiarazioni del paziente, ma di verificare effettivamente se sussistano o meno indici rivelatori della completa autosufficienza del malato o del ricoverato. Indici che nella specie, per quanto detto, non esistevano o comunque non erano tranquillizzanti.

 3. Errato posizionamento del catetere (Cass. 10.9.2010, n. 19277)
Il caso: lesioni subite da un degente a causa della fuoriuscita dal sistema della vena basilica di destra di liquidi di infusione venosa, somministratigli per fronteggiare una sindrome cardiocircolatoria acuta.
 Il principio affermato: le negligenze od imperizie del personale paramedico ospedaliere, accertate dal CTU, pur ricadendo sull'ente da cui il personale medesimo risulta dipendente, devono essere addebitate in ultima analisi ai medici curanti, sui quali soltanto può gravare la responsabilità del malato.

4. Casi di mancata rimozione di dispositivi medici dal corpo del soggetto operato
(Corte App. Roma 8.3.2011, n. 981)
 Nel caso di mancata rimozione dalle sedi dell'operazione chirurgica di pinze, ferri, garze, il controllo della rimozione spetta all'intera equipe operatoria, cioè ai medici, che hanno la responsabilità del buon esito dell'operazione anche con riferimento a tutti gli adempimenti connessi, e non può essere delegata al solo personale paramedico, avendo gli infermieri funzione di assistenza, ma non di verifica.

5. Maldestro intervento infermieristico (Cass. 20.11.1998, n. 11741)
Il caso: paralisi parziale di un soggetto operato di ernia del disco a seguito del sollevamento improvvido di una infermiera.
Il principio enunciato: La responsabilità di una struttura ospedaliera comprende le condotte negligente ed imperite sia dei sanitari sia dei parasanitari, del cui operato l’azienda è tenuta a rispondere. Nel dovere di un trattamento adeguato alla rilevanza medica del caso rientra comunque anche il dovere di vigilanza e di esclusione di terzi inidonei a trattare il degente.

6. Sottrazione di neonato dal “nido” (Cass. 4.8.1987, n. 6707 )
Il caso: Una donna partoriva un bambino nell'Ospedale di Ventimiglia. Due giorni dopo, durante l’orario di visita, il neonato era sottratto da ignoti dal "nido" dell'ospedale e non se ne rinveniva più traccia nonostante le ricerche svolte dalla polizia.
Il principio enunciato: La protezione del neonato costituisce obbligazione primaria dell’ospedale e è del tutto irrilevante che non vi fosse una regolamentazione interna di quell'attività dovuta. La omissione di custodia del reparto nel quale si trovava il neonato creò le condizioni ideali perché il rapimento potesse essere consumato. 

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