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giovedì 19 giugno 2014

La responsabilità dell'equipe medica


CHE COS'È ?

Viene definita attività medico-chirurgica d’équipe quella caratterizzata dalla partecipazione e dalla collaborazione di più medici e sanitari, che interagiscono tra loro nell'esecuzione di un intervento o nell'applicazione di una terapia medica. Si fa riferimento non soltanto alle ipotesi di intervento congiunto di più medici in favore di un solo paziente, ma anche a quelle in cui l’eventuale intervento terapeutico avvenga in tempi diversi, da parte di più medici, ognuno dei quali con specifici compiti. 
In materia sono sorte nel tempo importanti problematiche di natura giurisprudenziale, soprattutto al fine di stabilire, nel caso di esito infausto del trattamento sanitario, se e in che limiti il singolo medico possa rispondere dei comportamenti colposi riferibili ad altri componenti dell'èquipe e, dunque, fino a che punto si estendano i suoi obblighi di diligenza, perizia e prudenza laddove si trovi ad operare unitamente ad altri soggetti. 


COME SI FA ?

La questione è stata risolta in dottrina e dalla giurisprudenza applicando il cosiddetto principio dell’affidamento, in base al quale ogni soggetto non dovrà ritenersi obbligato ad adeguare il proprio comportamento in funzione del rischio di eventuali condotte colpose altrui, potendo fare affidamento, appunto, sul fatto che gli altri soggetti agiscano nell'osservanza delle regole di diligenza proprie. 
Tale soluzione si fonda sul principio di auto-responsabilità, per cui ciascuno è tenuto a rispondere solo del proprio operato, che dovrà naturalmente essere improntato al rispetto delle regole di diligenza, prudenza e perizia, senza che il singolo componente dell’équipe debba essere gravato dell'obbligo di sorvegliare altresì l'operato altrui. 
Nel campo dell’attività medica d’équipe, tuttavia, il principio dell’affidamento trova alcuni precisi limiti, che sono stati così individuati: 
- da un lato, nella posizione apicale e gerarchicamente sovra-ordinata di un sanitario (il cosiddetto capo équipe), in capo al quale sussiste, proprio in ragione della anzidetta posizione apicale, un dovere di sorveglianza sull'operato dei suoi collaboratori, che va ad aggiungersi al generale dovere di osservanza delle regole di diligenza proprie; 
- dall'altro, nella sussistenza un determinato stato di fatto tale da annullare l’aspettativa di una condotta altrui corrispondente ai doveri di diligenza, prudenza e perizia, come nei casi in cui, a causa dell’altrui comportamento colposo, sia già in atto una situazione pericolosa per un paziente, oppure vi sia ragionevole motivo di credere che essa possa realizzarsi (determinato, ad esempio, dalle condizioni di salute non buone di un collega, dalla sua giovane età, inesperienza o distrazione). 

In tali casi, ogni sanitario sarà tenuto non solo ad espletare le proprie mansioni specifiche con diligenza e perizia, ma anche ad impedire e vanificare l’altrui condotta contraria alle leges artis proprie, con la conseguenza che l’eventuale inefficace o inesatto adempimento di tali doveri potrà determinare a suo carico un’ipotesi di responsabilità civile e penale per le lesioni sopravvenute. 
Ciò significa che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l’attività svolta da un altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, ponendo rimedio o adoperandosi affinché venga posto rimedio a errori altrui, purché i medesimi, come stabilito dalla giurisprudenza, siano evidenti (e non settoriali) e, quindi, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle conoscenze scientifiche del professionista medio. 
In queste ipotesi, la responsabilità di ciascuno per il mancato o l’inesatto controllo potrà, quindi, sussistere solamente allorquando il comportamento colposo del compartecipe sia dovuto alla mancata osservanza delle regole di condotta generiche, e non specialistiche, pertinenti cioè alle conoscenze professionali di ciascun medico in quanto tale e rese evidenziabili dalle specifiche circostanze del caso concreto.

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