Tra i principali reati
prossimi alla professione sanitaria di infermiere si possono annoverare a
titolo esemplificativo: omicidio colposo ex art. 589 codice penale: “Chiunque
cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei
mesi a cinque anni”.
In campo sanitario tale
reato si realizza quando medici od infermieri abbiano determinato, con il loro
operato, la morte del paziente.
Tale reato è stato
contestato ad infermieri, ad esempio, in casi di errata somministrazione di
farmaci o di errate valutazioni in ambito di triage di pronto soccorso o di
emergenza collegata al servizio 118.
Lesioni personali colpose, art. 590 codice penale: “Chiunque cagiona ad altri
per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o
con la multa fino a euro 309” .
In campo sanitario tale
reato è ravvisabile in ipotesi di trattamenti medico-chirurgici in assenza di
un valido consenso del paziente. E un reato perseguibile a querela di parte,
cioè su espressa denuncia della parte lesa.
La lesione si configura
quando l’errato trattamento comporta un aggravamento od un prolungamento del normale
decorso della malattia. La lesione colposa è “grave” se la malattia è di durata
superiore ai 40 giorni, oppure vi è stato un pericolo di vita per la persona
offesa, oppure si è prodotto un indebolimento permanente ad un senso o ad un
organo.
La lesione colposa è
“gravissima” quando la malattia è certamente o probabilmente insanabile, o vi è
stata la perdita di un senso o dell'uso di un organo o di un arto, oppure una
mutilazione che renda l'arto inservibile. E gravissima anche quando comporta la perdita della
capacità di procreare o determina una permanente grave difficoltà della favella
o la deformazione o lo sfregio permanente del viso.
Rifiuto datti di ufficio - omissione, art. 328 codice penale: “Il pubblico ufficiale o
l'incaricato d un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo
ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine
pubblico o di igiene e sanità, deve essere
compiuto senza ritardo, e' punito con la reclusione da sei mesi a due anni”.
Il reato si configura in
presenza di condotte omissive da parte del sanitario, anche se da tali condotte
non derivano conseguenze dannose per il paziente. Soggetto attivo del reato è
colui che riveste la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico
servizio. In campo infermieristico è stata ritenuta responsabile di tale reato
un'infermiera che indebitamente rifiutava di effettuare le operazioni di
pulizia di un paziente,
sottoposto a un intervento di resezione colica, il cui letto e le parti intime
erano imbrattate con le feci fuoriuscite dalla sacca di contenimento delle
stesse, atto che per ragioni di igiene e di sanità doveva essere compiuto senza
ritardo, accampando la scusa di provare vergogna per la differenza di sesso e
dichiarando di essere impegnata in altre attività di assistenza ai degenti
(Cass. Penale n. 39486 del 2006).
Violenza privata, previsto all’art. 610 codice penale: “Chiunque, con violenza o minaccia, costringe
altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione
fino a quattro anni”.
In ambito sanitario il
reato si configura essenzialmente quando il trattamento sanitario
viene praticato in
assenza di un valido consenso od in occasione di pratiche contenitive, o
comunque coercitive, attuate nei confronti di pazienti affetti da disturbi
psichiatrici, tossicodipendenti, disabili od anziani incapaci di intendere e di
volere.
Sequestro di persona, previsto e punito all’art. 605 del codice penale:
“Chiunque priva taluno della libertà personale è punito con la reclusione da sei
mesi a otto anni. La pena è della reclusione da uno a dieci anni, se il fatto è
commesso:
1) in danno di un ascendente, di un
discendente o del coniuge;
2) da un pubblico
ufficiale con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni.
Tale reato può essere commesso da operatori
sanitari che esplicano la loro attività in ambito psichiatrico, geriatrico o
delle tossicodipendenze.
La fattispecie, il più delle volte, si
realizza in ipotesi di contenzione ingiustificata.
Esercizio abusivo di una professione, art. 348 codice penale: “Chiunque abusivamente
esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione
dello Stato, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da euro 103 a euro 516” .
L'articolo è posto a tutela dell'interesse
pubblico, affinché determinate professioni siano esercitate, solo ed
esclusivamente, da soggetti abilitati ed iscritti ad un albo professionale, per
garantire ai cittadini i requisiti minimi di idoneità e capacità di colui che
esercita.
Così, lo svolgimento di alcune professioni è
subordinato a cautele che l'ordinamento pone a
garanzia affinché le prestazioni siano offerte con uno determinato standard di qualificazione
professionale e morale.
La professione
infermieristica rientra tra queste cosiddette professioni “protette”, in quanto
il relativo esercizio è possibile solo dopo il conseguimento del titolo di
laurea, l’ottenimento dell’abilitazione professionale conseguente al
superamento dell’esame di Stato e l‘iscrizione al collegio professionale di appartenenza.
Il reato si consuma nel
momento in cui sia posta in essere indebitamente una prestazione professionale.
E irrilevante che la condotta illecita sia realizzata per fini meramente
lucrativi piuttosto che benefici; del pari non esclude il reato il consenso del
destinatario della prestazione abusiva, in quanto l’interesse leso, essendo di
carattere pubblico, resta comunque indisponibile.
E opportuno sottolineare che l’eventuale
perizia, capacità ed abilità nonché l’esito eventualmente positivo del
trattamento effettuato da chi è privo della necessaria abilitazione non
assurgono a valore discriminante né escludono la configurabilità della fattispecie di reato, essendo
espressamente punita dalla norma solo l’assenza
del titolo e non le capacità personali dell’autore della prestazione.
A seguito dell’abolizione
del mansionario, che stabiliva rigidamente le attività di competenza
infermieristica, può essere attualmente più complicato distinguere le
prestazioni di pertinenza medica e quelle demandate agli infermieri.
Il criterio generale,
comunque, individua la fase di diagnosi e cura di competenza del medico,
mentre l’attività assistenziale è riservata all’infermiere.
Abbandono di persone minori o incapaci (art. 591 codice penale): “Chiunque
abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace,
per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di
provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere la cura,
e punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.La pena e della reclusione da uno a sei
anni se dal fatto deriva una lesione personale, ed e da tre a otto anni se ne
deriva la morte”.
Nella professione
infermieristica il reato si concretizza attraverso mancata esecuzione del rapporto
di cura, qualora gli operatori abbandonano o non esercitano la custodia di minori
o incapaci a loro affidati, o omettono di fornire le prestazioni assistenziali
o le cure di cui necessitano i pazienti, con conseguenti rischi per la salute.
Stato di incapacità procurato mediante violenza (art. 613 codice penale): “Chiunque, mediante suggestione
ipnotica o in veglia o mediante somministrazione di sostanze alcooliche o
stupefacenti, o con qualsiasi altro mezzo, pone una persona, senza il consenso
di lei, in stato di incapacità di intendere o di volere, è punito con la reclusione
fino a un anno”.
La fattispecie può
ricorrere nell’ipotesi in cui il paziente venga sottoposto ad una sedazione farmacologia
in assenza di un valido consenso o da ragioni giustificative dettate dalla
situazione clinica o da necessità assistenziali.
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