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venerdì 11 luglio 2014

Referto e denuncia di reato


L'art. 365 codice penale prevede espressamente che:”chiunque, avendo nell'esercizio di una professione sanitaria prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto per il quale si debba procedere d'ufficio, omette o ritarda di riferirne all'Autorità è punito con la multa fino a euro 516 € . Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale”.
Il referto, pertanto, è l'atto col quale l'esercente una professione sanitaria riferisce all'Autorità Giudiziaria di avere prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto perseguibile d'ufficio.
In questo modo è possibile perseguire l'autore di un reato e assumere tutti quei provvedimenti atti a reprimere la criminalità.
L'art. 365 codice penale fa riferimento alla professione sanitaria senza alcuna distinzione. Sono ritenuti ugualmente obbligati, pertanto, anche coloro che esercitano professioni sanitarie diverse da quella medica ed in particolare l'infermiere, il farmacista, il veterinario etc.
Queste figure giuridiche, pertanto, hanno l'obbligo di segnalare immediatamente e comunque entro le 48 ore al Pubblico Ministero di turno o agli Ufficiali di Polizia Giudiziaria qualunque reato perseguibile d'ufficio di cui siano venuti a conoscenza nell'esercizio della loro attività.
L'obbligo scaturisce dall'esercizio della professione sanitaria e precisamente dall'aver prestato assistenza o opera nel caso concreto. Il referto, quindi, rientra tra le attività doverose cui il sanitario è sottoposto, tanto che, come disciplinato dall'art. 365 codice penale, l'inadempimento di tale obbligo è penalmente sanzionabile.
 Oggetto del referto sono quei casi che possano presentare i caratteri di delitto perseguibile d'ufficio, e ciò anche quando l'autore sia persona non imputabile. Sono esclusi pertanto i casi nei quali si procede solo a querela della persona offesa.
Tra i delitti perseguibili d’ufficio concernenti l’ambito sanitario si evidenziano:
- delitti contro la vita (omicidio, istigazione o aiuto al suicidio, omicidio del consenziente, infanticidio);
- delitti contro l'incolumità individuale (lesioni personali dolose e colpose);
- delitti contro l'incolumità pubblica (attività pericolose che comportino rischi di epidemie, intossicazioni, danni provocati da alimenti o medicinali);
- delitti sessuali;
- delitti di interruzione della gravidanza;
- delitti contro la libertà personale (sequestro di persona, violenza privata);
- delitti contro la famiglia (abuso di mezzi di correzione, maltrattamenti).
Nel caso in cui il sanitario svolga la propria attività come pubblico dipendente, quindi con la qualifica giuridica di pubblico ufficiale od incaricato di pubblico servizio, gli articoli 331 e 332 del codice penale prevedono anche per tali soggetti l’obbligo di informare l’Autorità Giudiziaria dell’esistenza di reati mediante la trasmissione, senza ritardo, della cosiddetta denuncia di reato, limitatamente, come per il referto, ai soli reati perseguibili d’ufficio.
L'obbligo di denuncia interessa, come sancito dall'art. 331 codice di procedura penale, tutti i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio che, durante l'espletamento del proprio servizio, abbiano notizia di un reato perseguibile d'ufficio; tale obbligo risponde all'esigenza di recare informazioni circa gli elementi del fatto, con indicazioni riguardanti la fonte della notizia, la data di acquisizione della stessa, i dati riguardanti la persona autrice del fatto, la persona offesa, ad esclusione dei dati di natura biologica, fornendo un giudizio diagnostico delle lesioni, nonché un'analisi approfondita sulla natura, sulla causa e sulle conseguenze delle stesse.
Occorre evidenziare che mentre per poter stilare una denuncia è necessario che il pubblico ufficiale abbia avuto notizia, durante il proprio servizio, di un reato effettivamente realizzatosi, ai fini del referto, invece, e' sufficiente che l'esercente una professione sanitaria abbia prestato la propria assistenza od opera in casi che, sulla base delle proprie conoscenze e della propria personale discrezionalità, possano presentare le caratteristiche di delitti perseguibili d'ufficio.
Altra distinzione nasce dall'assunto che, a differenza della denuncia, l'autore del referto è esercente professione sanitaria, il che impone l'obbligo di rispetto dei doveri deontologici di tutela e salvaguardia dell'assistito, prima ancora di quello dell'espletamento dei doveri giuridici, secondo gli stessi canoni posti alla base del segreto professionale.
E' bene precisare, però, che, perchè possa sussistere tale esimente, è necessario che “tra referto e sottoposizione della persona a procedimento penale sussista un rapporto di causa ad effetto, nel senso che solo a seguito del referto del sanitario il procedimento verrebbe aperto”.
Ciò significa che tale esonero non è applicabile nel caso in cui la prestazione professionale fosse diretta nei riguardi di:”persona latitante o ricercata per altre vicende giudiziarie o che debba scontare una condanna a pena definitiva”, in tal caso il referto non sarebbe infatti causa dell'esposizione della persona offesa a procedimento penale (già avviato o addirittura definito), ma solo, semmai, occasione per il suo rintraccio.

Per quanto riguarda l'omissione di referto, come disciplinata dall'art. 365 codice penale, è considerata reato in quanto ostacolo allo svolgimento dell'attività giudiziaria. E’ punibile non solo chi ometta di redigere il referto, ma anche chi non lo faccia pervenire in tempo all'Autorità Giudiziaria (art. 334 codice procedura penale) e chi lo rediga in maniera incompleta o scorretta.

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