L'art. 365 codice penale
prevede espressamente che:”chiunque, avendo nell'esercizio di una professione
sanitaria prestato la propria assistenza od opera in casi che possono
presentare i caratteri di un delitto per il quale si debba procedere d'ufficio,
omette o ritarda di riferirne all'Autorità è punito con la multa fino a euro
516 € . Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona
assistita a procedimento penale”.
Il referto, pertanto, è
l'atto col quale l'esercente una professione sanitaria riferisce all'Autorità Giudiziaria
di avere prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare
i caratteri di un delitto perseguibile d'ufficio.
In questo modo è
possibile perseguire l'autore di un reato e assumere tutti quei provvedimenti atti
a reprimere la criminalità.
L'art. 365 codice penale
fa riferimento alla professione sanitaria senza alcuna distinzione. Sono ritenuti
ugualmente obbligati, pertanto, anche coloro che esercitano professioni
sanitarie diverse da quella medica ed in particolare l'infermiere, il
farmacista, il veterinario etc.
Queste figure giuridiche,
pertanto, hanno l'obbligo di segnalare immediatamente e comunque entro le 48
ore al Pubblico Ministero di turno o agli Ufficiali di Polizia Giudiziaria
qualunque reato perseguibile d'ufficio di cui siano venuti a conoscenza nell'esercizio
della loro attività.
L'obbligo scaturisce
dall'esercizio della professione sanitaria e precisamente dall'aver prestato
assistenza o opera nel caso concreto. Il referto, quindi, rientra tra le
attività doverose cui il sanitario è sottoposto, tanto che, come disciplinato
dall'art. 365 codice penale, l'inadempimento di tale obbligo è penalmente
sanzionabile.
Oggetto del referto sono quei casi che possano
presentare i caratteri di delitto perseguibile d'ufficio, e ciò anche quando
l'autore sia persona non imputabile. Sono esclusi pertanto i casi nei quali si
procede solo a querela della persona offesa.
Tra i delitti
perseguibili d’ufficio concernenti l’ambito sanitario si evidenziano:
- delitti contro la vita
(omicidio, istigazione o aiuto al suicidio, omicidio del consenziente,
infanticidio);
- delitti contro
l'incolumità individuale (lesioni personali dolose e colpose);
- delitti contro
l'incolumità pubblica (attività pericolose che comportino rischi di epidemie, intossicazioni,
danni provocati da alimenti o medicinali);
- delitti sessuali;
- delitti di interruzione
della gravidanza;
- delitti contro la
libertà personale (sequestro di persona, violenza privata);
-
delitti contro la famiglia (abuso di mezzi di correzione, maltrattamenti).
Nel caso in cui il sanitario
svolga la propria attività come pubblico dipendente, quindi con la qualifica
giuridica di pubblico ufficiale od incaricato di pubblico servizio, gli
articoli 331 e 332 del codice penale prevedono anche per tali soggetti l’obbligo
di informare l’Autorità Giudiziaria dell’esistenza di reati mediante la
trasmissione, senza ritardo, della cosiddetta denuncia di reato, limitatamente,
come per il referto, ai soli reati perseguibili d’ufficio.
L'obbligo di denuncia
interessa, come sancito dall'art. 331 codice di procedura penale, tutti i
pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio che, durante
l'espletamento del proprio servizio, abbiano notizia di un reato perseguibile
d'ufficio; tale obbligo risponde all'esigenza di recare informazioni circa gli
elementi del fatto, con indicazioni riguardanti la fonte della notizia, la data
di acquisizione della stessa, i dati riguardanti la persona autrice del fatto,
la persona offesa, ad esclusione dei dati di natura biologica, fornendo un
giudizio diagnostico delle lesioni, nonché un'analisi approfondita sulla
natura, sulla causa e sulle conseguenze delle stesse.
Occorre evidenziare che
mentre per poter stilare una denuncia è necessario che il pubblico ufficiale
abbia avuto notizia, durante il proprio servizio, di un reato effettivamente
realizzatosi, ai fini del referto, invece, e' sufficiente che l'esercente una professione
sanitaria abbia prestato la propria assistenza od opera in casi che, sulla base
delle proprie conoscenze e della propria personale discrezionalità, possano
presentare le caratteristiche di delitti perseguibili d'ufficio.
Altra distinzione nasce
dall'assunto che, a differenza della denuncia, l'autore del referto è esercente
professione sanitaria, il che impone l'obbligo di rispetto dei doveri
deontologici di tutela e salvaguardia dell'assistito, prima ancora di quello
dell'espletamento dei doveri giuridici, secondo gli stessi canoni posti alla
base del segreto professionale.
E' bene precisare, però,
che, perchè possa sussistere tale esimente, è necessario che “tra referto e sottoposizione
della persona a procedimento penale sussista un rapporto di causa ad effetto,
nel senso che solo a seguito del referto del sanitario il procedimento verrebbe
aperto”.
Ciò significa che tale
esonero non è applicabile nel caso in cui la prestazione professionale fosse
diretta nei riguardi di:”persona latitante o ricercata per altre vicende
giudiziarie o che debba scontare una condanna a pena definitiva”, in tal caso
il referto non sarebbe infatti causa dell'esposizione della persona offesa a
procedimento penale (già avviato o addirittura definito), ma solo, semmai,
occasione per il suo rintraccio.
Per quanto riguarda
l'omissione di referto, come disciplinata dall'art. 365 codice penale, è considerata
reato in quanto ostacolo allo svolgimento dell'attività giudiziaria. E’
punibile non solo chi ometta di redigere il referto, ma anche chi non lo faccia
pervenire in tempo all'Autorità Giudiziaria (art. 334 codice procedura penale)
e chi lo rediga in maniera incompleta o scorretta.
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