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venerdì 11 luglio 2014

Il consenso informato e le misure di contenzione


Il diritto alla libertà del proprio corpo è senza alcun dubbio il più elementare dei diritti di libertà solennemente garantiti dalla Costituzione italiana che, come noto, all'art. 13 sancisce l'inviolabilità della libertà personale.
Eppure basta una semplice malattia, una perturbazione della mente o, più semplicemente, la vecchiaia, perché questo fondamentale diritto venga messo in discussione.
Le motivazioni che inducono a contenere gli ospiti nelle residenze per anziani si ravvisano nella necessità di prevenire i danni da caduta, di controllare i comportamenti disturbanti, quali l'aggressività e il vagabondaggio, di consentire la somministrazione di un trattamento medico senza l'interferenza del paziente.
In realtà si tratta di un intervento raramente appropriato nell'anziano a causa delle conseguenze su molte funzioni fisiche e psichiche, non più stimolate adeguatamente. Si riduce la massa e il tono muscolare, peggiora l'osteoporosi, si perdono progressivamente le funzioni di vita quotidiana, come alimentarsi, vestirsi, lavarsi.
A questo devono necessariamente aggiungersi le lesioni provocate da presidi inadeguati o nel tentativo di liberarsene.
Pesanti sono le conseguenze sul piano psicologico, anche se si tratta di pazienti confusi o dementi: dall'agitazione all'umiliazione, alla paura, all'apatia, alla deprivazione neuro-sensoriale.
Le cadute, motivo per cui viene usata la contenzione, spesso non diminuiscono e gli esiti sono più rovinosi. La mortalità nei pazienti sottoposti a contenzione pare sia maggiore, anche se è difficile quantificarla .
 La decisione di applicare la misura di contenzione dovrà porsi come l'extrema ratio, assunta al termine di un processo che non potrà prescindere da una valutazione multidimensionale del soggetto, strumento che permetterà di capire a priori chi potrebbe essere a rischio di cadute o di disturbi comportamentali.
Laddove la contenzione dovesse essere l'ultima risorsa possibile si dovrà porre in essere quanto possibile perché la stessa conservi la valenza sanitario-assistenziale.
In primo luogo preme precisare l'esatta definizione della misura di contenzione intesa come: “quell'insieme di mezzi fisici-chimici-ambientali che, in qualche maniera, limitano la capacità di movimenti volontari dell'individuo”.
Più in particolare si tratta di un atto sanitario-assistenziale che utilizza mezzi fisici-chimici-ambientali, applicati direttamente o allo spazio circostante all'individuo per limitarne i movimenti: per quanto possa sembrare superfluo è importante evidenziare che la contenzione, in quanto atto medico, necessita sempre di prescrizione medica.
E' bene qui ricordare che una prescrizione, per essere valida, dovrà essere preceduta dal consenso informato.
Solo in questo modo la contenzione assumerà dignità propria.
E' chiaro, quindi, che la contenzione rimane una pratica illegale, laddove applicata senza il consenso del paziente.
Con riferimento a soggetti cognitivamente integri il medico avrà quindi il dovere di informarli al fine dell'acquisizione del consenso, tenendo conto di alcune peculiarità non potendo prescindere dal livello culturale e dalle capacità di comprensione del singolo individuo ed avendo quindi cura di usare un linguaggio semplice e accessibile ( art. 30 Codice Deontologico medico).
Nel caso, invece, di soggetto dichiarato legalmente interdetto l'obbligo informativo andrà espletato nei confronti del tutore (art. 33 Codice Deontologico medico).
Spesso, però, nelle case protette, nelle residenze sanitarie assistenziali e nei centri diurni sono ospitati soggetti interessati da disturbi psicologici -  comportamentali per i quali il trattamento d'urgenza degli stessi disturbi diventa quotidianità.
E' evidente come per tali soggetti risulti arduo esprimere un consenso valido in quanto è difficile pensare ad un loro coinvolgimento nell'iter decisionale.
È anche vero, però, che la diagnosi di demenza non indica di per sé una perdita della competenza intesa come la capacità di comprendere una situazione e di prendere decisioni al riguardo.
Nelle prime fasi della malattia è infatti possibile che il paziente sia ancora in grado di valutare correttamente una situazione e prendere quindi decisioni al riguardo. Questo perché la competenza non è un concetto unitario: esistono molteplici abilità funzionali differenti, per cui il soggetto può non essere più in grado di guidare la macchina ma ancora in grado di esprimere il proprio consenso (ad esempio, per partecipare ad una sperimentazione medica).
In questo caso, informazione e acquisizione del consenso dovranno confrontarsi con diverse capacità decisionali.
Quando però la perdita di competenza è tale da rendere difficoltoso il coinvolgimento dell'anziano nell'iter decisionale sarà il medico a dover decidere assumendosi ogni responsabilità in merito.
 La contenzione non è mai un processo statico, ma sicuramente di tipo dinamico: la rivalutazione del processo, sia nel perseguimento dei suoi obiettivi (mettere in sicurezza il soggetto e gli altri), sia nei suoi standard procedurali, va affrontato e rivisto periodicamente .
I principi sopraesposti trovano integrale applicazione anche nel Codice deontologico dell'infermiere che, all'art. 4.10, prevede espressamente l'obbligo per l'infermiere di adoperarsi “ affinché il ricorso alla contenzione fisica e farmacologia sia evento straordinario e motivato, e non metodica abituale di accudimento. Considera la contenzione una scelta condivisibile quando vi si configuri l'interesse della persona e inaccettabile quando sia una implicita risposta alle necessità istituzionali ”.
Tale documento, prevedendo esplicitamente la possibilità da parte dell'infermiere di contenere, viene a far rientrare di fatto tra le competenze dello stesso l'applicazione della predetta misura ovviamente nei limiti e nei modi posti dal Codice Deontologico stesso (art 4.10 ) e nel rispetto della libertà e dignità della persona (art. 2 ).
In particolare, per quanto riguarda la responsabilità infermieristica , essendo la contenzione assimilabile a una pratica terapeutica, l'infermiere potrà contenere soltanto se esiste una prescrizione medica, rispondente alle seguenti regole :
•  registrazione in cartella clinica con l'indicazione della:
•  motivazione circostanziata;
•  durata del trattamento o della sua rivalutazione previa verifica;
•  tipo di contenzione e modalità da utilizzare (solo polsi, polsi e caviglie, ecc.).
Naturalmente possono verificarsi situazioni talmente urgenti da non consentire la possibilità di seguire la procedura sopra descritta o addirittura che il medico non sia presente fisicamente in reparto.
In questo caso, perché l'infermiere possa contenere il paziente dovrà sussistere, il cosiddetto stato di necessità.
 Ricordarsi:
- i disturbi d'ansia, ad esempio, possono essere efficacemente combattuti attraverso l‘utilizzo di strategie alternative di tipo relazionale come una maggiore disponibilità all‘ascolto da parte dell‘operatore;

- in tema di prevenzione delle cadute si porranno come utili e necessarie delle modificazioni ambientali volte alla riduzione del rischio quale la diminuzione dell‘altezza dei letti, una maggiore illuminazione e pavimentazioni adeguate.

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