Il diritto alla libertà del
proprio corpo è senza alcun dubbio il più elementare dei diritti di libertà
solennemente garantiti dalla Costituzione italiana che, come noto, all'art. 13
sancisce l'inviolabilità della libertà personale.
Eppure basta una
semplice malattia,
una perturbazione della mente o, più semplicemente, la vecchiaia, perché questo
fondamentale diritto venga messo in discussione.
Le motivazioni che inducono a
contenere gli ospiti nelle residenze per anziani si ravvisano nella necessità
di prevenire i danni da caduta, di controllare i comportamenti disturbanti,
quali l'aggressività e il vagabondaggio, di consentire la somministrazione di
un trattamento medico senza l'interferenza del paziente.
In realtà si tratta di un
intervento raramente appropriato nell'anziano a causa delle conseguenze su molte
funzioni fisiche e psichiche, non più stimolate adeguatamente. Si riduce la
massa e il tono muscolare, peggiora l'osteoporosi, si perdono progressivamente
le funzioni di vita quotidiana, come alimentarsi, vestirsi, lavarsi.
A questo devono
necessariamente aggiungersi le lesioni provocate da presidi inadeguati o nel
tentativo di liberarsene.
Pesanti sono le conseguenze
sul piano psicologico, anche se si tratta di pazienti confusi o dementi:
dall'agitazione all'umiliazione, alla paura, all'apatia, alla deprivazione
neuro-sensoriale.
Le cadute, motivo per cui
viene usata la contenzione, spesso non diminuiscono e gli esiti sono più
rovinosi. La mortalità nei pazienti sottoposti a contenzione pare sia maggiore,
anche se è difficile quantificarla .
La decisione di applicare la misura di
contenzione dovrà porsi come l'extrema ratio, assunta al termine di un processo
che non potrà prescindere da una valutazione multidimensionale del soggetto,
strumento che permetterà di capire a priori chi potrebbe essere a rischio di
cadute o di disturbi comportamentali.
Laddove la contenzione dovesse
essere l'ultima risorsa possibile si dovrà porre in essere quanto possibile
perché la stessa conservi la valenza sanitario-assistenziale.
In primo luogo preme precisare
l'esatta definizione della misura di contenzione intesa come: “quell'insieme di
mezzi fisici-chimici-ambientali che, in qualche maniera, limitano la capacità
di movimenti volontari dell'individuo”.
Più in particolare si tratta
di un atto sanitario-assistenziale che utilizza mezzi
fisici-chimici-ambientali, applicati direttamente o allo spazio circostante
all'individuo per limitarne i movimenti: per quanto possa sembrare superfluo è
importante evidenziare che la contenzione, in quanto atto medico, necessita
sempre di prescrizione medica.
E' bene qui ricordare che
una prescrizione,
per essere valida, dovrà essere preceduta dal consenso informato.
Solo in questo modo la
contenzione assumerà dignità propria.
E' chiaro, quindi, che la
contenzione rimane una pratica illegale, laddove applicata senza il consenso
del paziente.
Con riferimento a soggetti
cognitivamente integri il medico avrà quindi il dovere di informarli al fine
dell'acquisizione del consenso, tenendo conto di alcune peculiarità non potendo
prescindere dal livello culturale e dalle capacità di comprensione del singolo
individuo ed avendo quindi cura di usare un linguaggio semplice e accessibile (
art. 30 Codice Deontologico medico).
Nel caso, invece, di soggetto dichiarato legalmente interdetto l'obbligo informativo andrà espletato
nei confronti del tutore (art. 33 Codice Deontologico medico).
Spesso, però, nelle case
protette, nelle residenze sanitarie assistenziali e nei centri diurni sono
ospitati soggetti interessati da disturbi psicologici - comportamentali
per i quali il trattamento d'urgenza degli stessi disturbi diventa
quotidianità.
E' evidente come per tali
soggetti risulti arduo esprimere un consenso valido in quanto è difficile
pensare ad un loro coinvolgimento nell'iter decisionale.
È anche vero, però, che la
diagnosi di demenza non indica di per sé una perdita della competenza intesa
come la capacità di comprendere una situazione e di prendere decisioni al
riguardo.
Nelle prime fasi della malattia è infatti possibile che il paziente
sia ancora in grado di valutare correttamente una situazione e prendere quindi
decisioni al riguardo. Questo perché la competenza non è un concetto unitario:
esistono molteplici abilità funzionali differenti, per cui il soggetto può non
essere più in grado di guidare la macchina ma ancora in grado di esprimere il
proprio consenso (ad esempio, per partecipare ad una sperimentazione medica).
In questo caso, informazione e
acquisizione del consenso dovranno confrontarsi con diverse capacità
decisionali.
Quando però la perdita di
competenza è tale da rendere difficoltoso il coinvolgimento dell'anziano
nell'iter decisionale sarà il medico a dover decidere assumendosi ogni
responsabilità in merito.
La contenzione non è mai un processo statico,
ma sicuramente di tipo dinamico: la rivalutazione del processo, sia nel
perseguimento dei suoi obiettivi (mettere in sicurezza il soggetto e gli
altri), sia nei suoi standard procedurali, va affrontato e rivisto
periodicamente .
I principi sopraesposti
trovano integrale applicazione anche nel Codice deontologico dell'infermiere
che, all'art. 4.10, prevede espressamente l'obbligo per l'infermiere di
adoperarsi “ affinché il ricorso alla
contenzione fisica e farmacologia sia evento straordinario e motivato, e non
metodica abituale di accudimento. Considera la contenzione una scelta
condivisibile quando vi si configuri l'interesse della persona e inaccettabile
quando sia una implicita risposta alle necessità istituzionali ”.
Tale documento, prevedendo
esplicitamente la possibilità da parte dell'infermiere di contenere, viene a
far rientrare di fatto tra le competenze dello stesso l'applicazione della
predetta misura ovviamente nei limiti e nei modi posti dal Codice Deontologico
stesso (art 4.10 ) e nel rispetto della libertà e dignità della
persona (art. 2 ).
In particolare, per quanto
riguarda la responsabilità infermieristica , essendo la contenzione
assimilabile a una pratica terapeutica, l'infermiere potrà contenere soltanto
se esiste una prescrizione medica, rispondente alle seguenti
regole :
• registrazione in
cartella clinica con l'indicazione della:
• motivazione
circostanziata;
• durata del trattamento
o della sua rivalutazione previa verifica;
• tipo di contenzione e
modalità da utilizzare (solo polsi, polsi e caviglie, ecc.).
Naturalmente possono
verificarsi situazioni talmente urgenti da non consentire la possibilità di
seguire la procedura sopra descritta o addirittura che il medico non sia
presente fisicamente in reparto.
In questo caso, perché
l'infermiere possa contenere il paziente dovrà sussistere, il cosiddetto stato
di necessità.
Ricordarsi:
- i disturbi d'ansia, ad
esempio, possono essere efficacemente combattuti attraverso l‘utilizzo di
strategie alternative di tipo relazionale come una maggiore disponibilità all‘ascolto
da parte dell‘operatore;
- in tema di prevenzione delle
cadute si porranno come utili e necessarie delle modificazioni ambientali volte
alla riduzione del rischio quale la diminuzione dell‘altezza dei letti, una
maggiore illuminazione e pavimentazioni adeguate.
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