Gli infermieri sono le
figure professionali solitamente associate alla responsabilità della
somministrazione dei
farmaci ed anzi si può con sicurezza affermare che gli aspetti assistenziali
della somministrazione dei farmaci sono tra le prime nozioni che un aspirante
infermiere deve apprendere.
L’autonomia e la
responsabilità dell’infermiere circa questa funzione consistono nello
svolgimento delle procedure e nelle valutazioni necessarie per garantire la
correttezza dell’applicazione, laddove l’abrogato mansionario, in termini del
tutto diversi, attribuiva al'infermiere un ruolo apparentemente esecutivo; si
parlava infatti di “somministrazione dei medicinali prescritti ed esecuzione
dei seguenti trattamenti diagnostici e curativi ordinati dal medico”.
Occorre, innanzitutto,
esaminare le fasi tradizionali della gestione clinica dei farmaci, dalla prescrizione
alla somministrazione.
Mentre la prescrizione
costituisce l’atto proprio del medico, che individua la scelta del farmaco più appropriato
sulla base della diagnosi e della indicazione terapeutica ritenuta più idonea
al trattamento della patologia, l'interpretazione della terapia così come la
(eventuale preparazione e) somministrazione sono atti propri dell'infermiere.
L'infermiere, infatti, dopo aver verificato la prescrizione del medico, la corretta trascrizione e la corrispondenza
del paziente con la terapia prescritta, somministra il farmaco.
Sono indicati in
letteratura infermieristica una serie di controlli generali da effettuarsi al
fine di eliminare o ridurre al minimo la possibilità di insorgenza di errori
nel corso del processo di somministrazione della terapia.
Innanzitutto l'infermiere
deve accertare la registrazione della prescrizione che presuppone una
prescrizione medica (scritta) reperibile nella cartella clinica e/o nella
cartella infermieristica.
Tale prescrizione deve contenere determinati elementi atti a garantire un'adeguata
completezza di informazioni e cioè:
1) il nome della persona;
2) la data della
prescrizione;
3) il nome commerciale
e/o principio attivo del farmaco;
4) il dosaggio;
5) la via di somministrazione;
6)la frequenza di assunzione;
7) la firma di chi ha
prescritto la terapia.
All'atto della
somministrazione l'infermiere deve, poi, rispettare la cosiddetta “regola delle
6 G ”,consistente
in una serie di precauzioni dirette ad eliminare possibilità di errori, e cioè:
- il giusto farmaco:
confrontare la prescrizione medica con la scheda della terapia, conoscere l’azione
del farmaco, il dosaggio e la via di somministrazione, gli effetti collaterali,
eventuali incompatibilità con altri farmaci;
- la giusta persona:
controllare il nome della persona e il numero del letto con quello scritto
sulla scheda della terapia; se è possibile chiedere alla persona il proprio
nome e cognome;
- il giusto orario:
questo fattore è controllabile nel momento in cui si decide la ripartizione
della dose terapeutica giornaliera.
- la giusta via di somministrazione:
ogni farmaco può avere più vie di
somministrazione che occorre conoscere, alcuni preparati possono essere
somministrati per una sola via, ad esempio quella endovenosa, per altri occorre
effettuare variazioni a seconda della via di somministrazione;
- la giusta dose: è sempre
opportuno verificare la correttezza del dosaggio;
- la giusta registrazione:
annotare l’avvenuta somministrazione dei farmaci sulla scheda della terapia con
la firma dell’infermiere.
Nell’ambito della
somministrazione dei farmaci, diverse sono le sentenze che hanno sancito la
responsabilità degli infermieri.
meccanicistico, ma in
modo collaborativo con il medico. In caso di dubbi sul dosaggio prescritto l’infermiere
si deve attivare non per sindacare l’efficacia terapeutica del farmaco
prescritto, bensì per richiamarne l’attenzione e richiederne la rinnovazione in
forma scritta. Il medico risponde per la posizione di garanzia rivestita
rispetto ai malati”.
Nel caso di specie,
pertanto, la Cassazione
ha ritenuto colpevole l'infermiere somministrante in un caso in cui per alcuni
pazienti era stata prescritta una soluzione commerciale denominata 'Soluzione
4' contenente cloruro di potassio. La farmacia interna, essendone priva, in
sostituzione aveva mandato un’altra soluzione contenente cloruro di potassio,
denominata 'K Flebo'. In tale farmaco la concentrazione di cloruro era diversa
e la prescrizione doveva essere quindi ritardata secondo la
nuova concentrazione. Il
medico di reparto, pur venendo a conoscenza del fatto, si era limitato a dare generiche
indicazioni orali. L’infermiera somministrante (la preparazione era stata
delegata all’infermiera generica) non intervenne sul medico per fare cambiare
la prescrizione e provvide alla somministrazione causando la morte di due
pazienti.
Nessun commento:
Posta un commento