Se il paziente è capace d’intendere
e di volere, può esprimere il consenso o meno allatto sanitario, dopo essere
stato adeguatamente informato.
In presenza di un dissenso valido e
consapevole nessuno può intervenire in
omaggio alla prioritaria tutela della libertà e dignità della persona.
Il diritto
all'autodeterminazione trova un limite nel caso degli accertamenti e
trattamenti sanitari obbligatori che la legge prevede nell’interesse della
collettività, ovvero nel caso in cui il paziente non sia in condizione di
prestare il proprio consenso e l'intervento medico risulti urgente ed
indifferibile al fine di salvarlo dalla morte o da un grave pregiudizio alla
salute:
a) situazione di emergenza
In tali circostanze,
l'agire del medico senza il consenso dell'ammalato che non è in grado di esprimere
il consenso è giustificato dallo stato di necessità di cui all'art. 54 codice
penale secondo cui non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato
costretto dalla necessità di salvare sé od
altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non
volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia
proporzionato al pericolo.
b) malattia
mentale
Nel caso di malattia
psichiatrica, la quale implichi un trattamento sanitario obbligatorio, ai sensi
della Legge n. 180 del 1978, il sanitario deve svolgere iniziative rivolte ad
assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi è obbligato e quindi
acquisire il consenso del legale rappresentante (ove tale figura sia presente);
altrimenti, in presenza dell’esecuzione di un trattamento sanitario obbligatorio
per legge, il medico può prescindere dal consenso del paziente.
Il trattamento sanitario
obbligatorio, come specifica l’articolo 1 della legge 180/78 si configura come un'eccezione
espressamente prevista e disciplinata dal legislatore (nel pieno rispetto della
riserva di legge sancita nel comma 2 dell'art. 32 della Costituzione).
Deve dunque considerarsi
come un’eventualità del tutto eccezionale, una deroga espressamente autorizzata
- e disciplinata nei minimi dettagli - dalla legge, (art. 2 della 180 e art. 34
della 833) al principio del necessario consenso.
La regola rimane quella
della volontarietà del trattamento, mentre l’intervento obbligatorio o coattivo
deve considerarsi l’eccezione.
Quindi, prima di
intervenire in via coercitiva deve farsi qualsiasi tentativo possibile che
possa ritenersi concretamente utile per
ottenere il consenso.
In ambito
infermieristico, il Codice deontologico espressamente prevede, all’art. 30,
che: “L'infermiere si adopera affinché il ricorso alla contenzione sia evento
straordinario, sostenuto da prescrizione medica o da documentate valutazioni
assistenziali”, mentre l’art. 32 afferma: L'infermiere si impegna a promuovere
la tutela degli assistiti che si trovano in condizioni che ne limitano lo
sviluppo o
l'espressione, quando la
famiglia e il contesto non siano adeguati ai loro bisogni”.
c) trattamenti sanitari su minori
Nel trattamento sanitario
sui minori il consenso, di norma, viene legittimamente prestato dal legale
rappresentante e cioè nella maggioranza dei casi dai genitori.
Nelle ipotesi di
opposizione al trattamento da parte dei genitori o del minore stesso (ad es.
testimoni di Geova) se l'intervento medico è urgente ed indifferibile per
evitare un grave danno al minore, il medico è comunque legittimato ad agire in
forza dello stato di necessità ex art. 54 codice penale: “Non e' punibile chi
ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od
altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non
volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia
proporzionato al pericolo”; viceversa, nel caso di intervento medico non urgente
e differibile, il medico può richiedere l'intervento dell'autorità giudiziaria
che può autorizzare l'esecuzione del trattamento.
Si deve comunque tener
presente che per i principi dell’autodeterminazione e dell’autonomia del paziente
nell'ipotesi di contrasto tra la volontà dei genitori e quella del minore di
adeguata maturità mentale, prevarrà la
volontà di quest'ultimo previo parere del giudice tutelare.
In proposito, il Codice
deontologico dell’infermiere prevede, all’art. 31, che quest’ultimo: “ si
adopera affinché sia presa in
considerazione l'opinione del minore rispetto alle scelte assistenziali,
diagnostico-terapeutiche e sperimentali, tenuto conto dell'età e del suo grado
di maturità''.
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