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lunedì 19 maggio 2014

L'evoluzione della figura del Coordinatore Infermierisitico

A seguito dell’esperienza anglosassone intorno agli anni Venti dello scorso secolo vi è stata una regolamentazione dei corsi di base e post-base per la professione infermieristica.
Questi corsi avevano una durata biennale ed erano caratterizzati dall’istituzione di scuole-convitto all’interno delle quali si poteva istituire un terzo anno di corso per la preparazione di infermiere diplomate ossia “abilitate alle funzioni direttive”. Il titolo dunque che veniva consegnato al rilascio del diploma era di infermiere abilitato alle funzioni direttive.
Con la riforma ospedaliera, avvenuta alla fine degli anni Sessanta e con i successivi decreti attuativi, in un articolo, appare la figura del caposala.
Il caposala è alle dirette dipendenze del primario e dei sanitari addetti alla divisione, controlla e dirige il servizio degli infermieri e del personale ausiliario, controlla il prelevamento e la distribuzione dei medicinali, del materiale di medicazione e di tutti gli altri materiali in dotazione, controlla la quantità e la qualità degli alimenti dei ricoverati e ne organizza la distribuzione; è responsabile della tenuta dell’archivio.
Il D.P.R. 14 marzo 1974, n. 225 attribuiva a tutti gli infermieri la “programmazione dei piani di lavoro e di quelli del personale ausiliario”. Questa situazione normativa faceva sì che la figura del caposala rischiava di esistere, tant’è che nelle bozze contrattuali sia del 1974 che del 1979, tale figura veniva prevista a esaurimento.
Nei contratti successivamente siglati però il caposala si salva.

In quest’epoca il caposala veniva inquadrato nella 6a qualifica funzionale (questo fino al 1987) avendo compiti di indirizzo, guida, coordinamento e controllo nelle unità operative cui era preposto.
Tali attribuzioni rappresentavano il primo nuovo parziale riconoscimento che la categoria otteneva. Tuttavia il ruolo manageriale e gestionale del caposala era ancora lontano, visto che nei contratti collettivi egli veniva incluso nel personale di assistenza diretta.
Nel 1979 il D.P.R. 761 inquadra il caposala come “operatore professionale coordinatore” cominciando così a vedere un certo distinguo dall’infermiere.
Arriviamo al 1984 anno in cui viene approvata una sorta di profilo professionale del caposala con il D.P.R. 7 settembre n. 821 denominato “Attribuzioni del personale non medico ai presidi, servizi e uffici delle unita sanitarie locali”. Con tale decreto il caposala comincia ad entrare più nel suo ruolo di coordinamento tanto che a lui compete tra l’altro l’attività didattica, nonché attività finalizzate alla formazione degli infermieri.
Negli anni Novanta tutto il personale del comparto viene riclassificato in seguito alle riforme aziendalistiche e di privatizzazione del rapporto di lavoro e la figura contrattuale del caposala viene riclassificata come “ collaboratore professionale sanitario” da “operatore professionale coordinatore”. Tale nome attribuitogli destava qualche dubbio tanto che: il nome di collaboratore era precedentemente attribuito all’infermiere clinico; non vi era più riferimento all’attività di coordinamento.
Intanto i livelli di inquadramento caratterizzati dai numeri venivano sostituiti dalle categorie caratterizzate dalle lettere (es.: C, D, ecc.).
Nel 2001, a seguito di un rinnovo contrattuale, l’infermiere addetto alla clinica e l’infermiere coordinatore, ex caposala, vengono inquadrati allo stesso livello retributivo. La funzione di coordinamento, a questo punto, viene attribuita con incarichi aziendali e revocabili. Il coordinatore, in questo periodo, è un infermiere di categoria D con incarico aziendale di coordinamento.
A partire dal 2001 per ricoprire tale funzione non è più richiesto il certificato di “abilitazione a funzioni direttive”. Solo nel 2004 la maggioranza dei coordinatori viene inquadrata nella categoria Ds smentendo ciò che era stato definito tre anni prima.
Nel 2006, a seguito della legge 1 febbraio 2006, n. 43 “Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione …” viene istituita una volta per tutte la funzione di coordinamento.
Solo con l’approvazione di questa legge il coordinatore riacquista il suo nome nazionale e vede sancire l’obbligatorietà di un titolo post-base per l’esercizio della funzione di coordinamento : il master di primo livello in management per le funzioni di coordinamento in area infermieristica.
La durata minima del master è annuale. La formazione deve essere effettuata nelle Università e deve prevedere l’espletamento di un tirocinio formativo obbligatorio di almeno 500 ore da espletarsi presso aziende sanitarie, aziende ospedaliere, aziende ospedaliere – universitarie, enti classificati e istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.
Tra le note salienti dell’accordo Stato – Regioni e per integrazione delle stesse nel nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro della sanità pubblica per il quadriennio 2006-2009 per l’accesso alla funzione di coordinamento viene richiesta un'esperienza triennale in categoria D e viene fatto salvo – come già precisava la stessa legge – il certificato AFD (abilitazione a funzioni direttive). 

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