A seguito
dell’esperienza anglosassone intorno agli anni Venti dello scorso secolo vi è
stata una regolamentazione dei corsi di base e post-base per la professione infermieristica.
Questi
corsi avevano una durata biennale ed erano caratterizzati dall’istituzione di
scuole-convitto all’interno delle quali si poteva istituire un terzo anno di
corso per la preparazione di infermiere diplomate ossia “abilitate alle funzioni direttive”.
Il titolo dunque che veniva consegnato al rilascio del diploma era di infermiere abilitato alle funzioni direttive.
Con la
riforma ospedaliera, avvenuta alla fine degli anni Sessanta e con i successivi
decreti attuativi, in un articolo, appare la figura del caposala.
Il caposala è alle dirette dipendenze del primario e dei sanitari
addetti alla divisione, controlla
e dirige il servizio degli infermieri e del personale ausiliario, controlla il
prelevamento e la distribuzione dei medicinali, del materiale di medicazione e
di tutti gli altri materiali in dotazione, controlla la quantità e la qualità
degli alimenti dei ricoverati e ne organizza la distribuzione; è responsabile
della tenuta dell’archivio.
Il D.P.R.
14 marzo 1974, n. 225 attribuiva a tutti gli infermieri la “programmazione dei
piani di lavoro e di quelli del personale ausiliario”. Questa situazione
normativa faceva sì che la figura del caposala rischiava di esistere, tant’è
che nelle bozze contrattuali sia del 1974 che del 1979, tale figura veniva
prevista a esaurimento.
Nei
contratti successivamente siglati però il caposala si salva.
In quest’epoca il caposala veniva
inquadrato nella 6a qualifica funzionale (questo fino al 1987) avendo compiti di indirizzo, guida, coordinamento e
controllo nelle unità operative cui era preposto.
Tali attribuzioni rappresentavano il
primo nuovo parziale riconoscimento che la categoria otteneva. Tuttavia il
ruolo manageriale e gestionale del caposala era ancora lontano, visto che nei
contratti collettivi egli veniva incluso nel personale di assistenza diretta.
Nel 1979 il D.P.R. 761 inquadra il
caposala come “operatore professionale
coordinatore” cominciando così a vedere un certo distinguo
dall’infermiere.
Arriviamo
al 1984 anno in cui viene approvata una sorta di profilo professionale del
caposala con il D.P.R. 7 settembre n. 821 denominato “Attribuzioni del personale non medico ai presidi, servizi e uffici
delle unita sanitarie locali”. Con tale decreto il caposala comincia ad
entrare più nel suo ruolo di coordinamento tanto che a lui compete tra l’altro
l’attività didattica, nonché attività finalizzate alla formazione degli
infermieri.
Negli
anni Novanta tutto il personale del comparto viene riclassificato in seguito
alle riforme aziendalistiche e di privatizzazione del rapporto di lavoro e la
figura contrattuale del caposala viene riclassificata come “ collaboratore professionale sanitario” da
“operatore professionale coordinatore”. Tale nome attribuitogli destava qualche
dubbio tanto che: il nome di collaboratore era precedentemente attribuito
all’infermiere clinico; non vi era più riferimento all’attività di
coordinamento.
Intanto i
livelli di inquadramento caratterizzati dai numeri venivano sostituiti dalle
categorie caratterizzate dalle lettere (es.: C, D, ecc.).
Nel 2001, a seguito di un
rinnovo contrattuale, l’infermiere addetto alla clinica e l’infermiere
coordinatore, ex caposala, vengono inquadrati allo stesso livello retributivo.
La funzione di coordinamento, a questo punto, viene attribuita con incarichi aziendali
e revocabili. Il coordinatore, in questo periodo, è un infermiere di categoria
D con incarico aziendale di coordinamento.
A partire
dal 2001 per ricoprire tale funzione non è più richiesto il certificato di
“abilitazione a funzioni direttive”. Solo nel 2004 la maggioranza dei
coordinatori viene inquadrata nella categoria Ds smentendo ciò che era stato
definito tre anni prima.
Nel 2006, a seguito della legge
1 febbraio 2006, n. 43 “Disposizioni
in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative,
tecnico-sanitarie e della prevenzione …” viene istituita una volta per
tutte la funzione di coordinamento.
Solo con
l’approvazione di questa legge il coordinatore riacquista il suo nome nazionale
e vede sancire l’obbligatorietà di un titolo post-base per l’esercizio della
funzione di coordinamento : il master di primo livello in management per le
funzioni di coordinamento in area infermieristica.
La durata
minima del master è annuale. La formazione deve essere effettuata nelle
Università e deve prevedere l’espletamento di un tirocinio formativo
obbligatorio di almeno 500 ore da espletarsi presso aziende sanitarie, aziende
ospedaliere, aziende ospedaliere – universitarie, enti classificati e istituti
di ricovero e cura a carattere scientifico.
Tra le
note salienti dell’accordo Stato – Regioni e per integrazione delle stesse nel
nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro della sanità pubblica per il
quadriennio 2006-2009 per l’accesso alla funzione di coordinamento viene
richiesta un'esperienza triennale in categoria D e viene fatto salvo – come già
precisava la stessa legge – il certificato AFD (abilitazione a funzioni
direttive).
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