La consulenza
giudiziaria può anche prevedere l'intervento di altri professionisti che
svolgono la propria opera non tanto per il giudice quanto per le parti in
causa: il loro ruolo è detto consulente di parte (CTP). Il consulente tecnico di parte non è altro che un libero
professionista, di regola operante in un determinato campo tecnico/scientifico,
al quale una parte in causa -attuale o potenziale- conferisce un incarico
peritale in quanto ritiene l’incaricato esperto in uno specifico settore. Non
esistono tuttavia particolari preclusioni o indicazioni, nel codice di
procedura civile, con riferimento ai CTP: talvolta vengono nominati dipendenti
stessi di una Parte. In sostanza se un soggetto è coinvolto in una causa
pendente o intende intraprenderne una (il caso dell’accertamento tecnico
preventivo)- incarica una persona di propria fiducia (il consulente di parte
appunto) affinché questa affianchi il consulente tecnico nominato dal giudice
nell’esecuzione del suo incarico e svolga le proprie osservazioni a supporto o
critica del risultato al quale il perito del giudice sarà giunto.
L'art. 201 c.p.c.
prevede che: « Il giudice istruttore, con l'ordinanza di nomina del consulente, assegna alle parti un termine
entro il quale possono nominare, con dichiarazione ricevuta dal cancelliere, un
loro consulente tecnico.
Il consulente della
parte, oltre ad assistere a norma dell'articolo 194 alle operazioni del
consulente del giudice, partecipa all'udienza e alla camera di consiglio ogni
volta che vi interviene il consulente del giudice, per chiarire e svolgere, con
l'autorizzazione del presidente, le sue osservazioni sui risultati delle
indagini tecniche. »
In questo modo
ciascuna parte in causa, di fronte alla nomina di un ausiliario tecnico da
parte del giudice (il CTU infatti aiuta il giudicante nella risoluzione di
problemi tecnico/scientifici ai fini della decisione della controversia), può
essere difesa in modo appropriato in ragione della specificità delle
osservazioni che il CTU, auspicabilmente, porterà all’attenzione dell’organo
giudicante.
Il consulente di
parte assume un ruolo fondamentale per la risoluzione di questioni che, sempre
più spesso, dipendono da valutazioni di carattere tecnico molto precise,
operando all’interno di un rapporto professionale completamente disciplinato
dal diritto
privato. Il consulente tecnico di parte,
infatti, è sempre pagato dalla parte che lo nomina (la quale potrà, al limite
ed in caso di vittoria in causa, recuperare le spese di causa tra le quali
rientrano quelle relative al proprio consulente) ed ha diritto di essere
compensato in relazione alla propria parcella professionale (se presente), ma
anche in base ad una eventuale convenzione stipulata con il cliente (la quale
dovrà rispettare pur sempre i minimi previsti dalla propria tariffa
professionale, potendo derogare invece ai massimi). Va precisato che, in ogni
caso, è sempre il Giudice a decidere (nel caso di contestazione) quale sia il
"giusto" compenso del CTP, anche in riforma delle eventuali tariffe
professionali.
L'incaricato
dalla parte non deve necessariamente essere iscritto ad un albo professionale poiché il rapporto tra la parte che lo nomina ed il
consulente è, più che altro, di natura fiduciaria. È tuttavia usuale, nonché
logico, che vengano nominati professionisti esperti per tipologia di operazione
(es. ingegneri, informatici, medici etc). La nomina di consulenti di parte è
una facoltà, e non un obbligo, delle Parti le quali possono partecipare sempre
ad ogni esame ed operazione peritale in prima persona (se lo desiderano).
Al contrario del
consulente tecnico nominato dal giudice, il perito di parte non deve neppure
prestare giuramento (come avviene per i CTU in una apposita udienza) e non è
tenuto a motivare il rifiuto di un incarico perché tutto ciò rientra nelle sue
piene facoltà. Usualmente il CTP presenta osservazioni verbali e/o scritte al
CTU il quale, tuttavia, può non aderirvi; quest'ultimo deve comunque darne
conto nella relazione depositata in atti.
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